Bocchetta d’Arbola, passo di contrabbandieri

da | Ott 26, 2016

Testo e foto di Alberto Fornasier

 

Il giorno successivo alla salita al Passo della Rossa io e Laura ci sentivamo ancora in forza. E poi era il nostro ultimo giorno a Crampiolo, quindi … meglio approfittarne!

La nostra intenzione era quella di arrivare solo al vicino lago Devero, per fermarci sulla riva a rilassarci un po’.  Una semplice passeggiata su un sentiero facile, largo e acciottolato, costruito per i mezzi quando era stata costruita la diga di Codelago, che ha originato il lago.

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Una volta arrivati, però, abbiamo deciso di proseguire fino alla Bocchetta d’Arbola. La mappa segnava un itinerario di tre ore, di difficoltà media. Tra andata e ritorno sei ore tranquille di escursione. Assolutamente fattibile.

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E poi la sera prima avevo letto un cartello sulla Bocchetta d’Arbola che mi motivava ancora di più ad andarci!

Anticamente l’Arbola (2410 m.) era chiamato “passo verso la Lombardia” o “passo verso Milano”. E’ infatti il valico più basso e agevole delle Alpi Lepontine dopo quello del Sempione, utilizzato fin dal tempo dei Romani come via di collegamento tra la Lombardia e il Canton Vallese. Da lì passavano le mercanzie scambiate tra la pianura padana (grano e vino, sete e spezie) e le valli svizzere (sale, formaggi e bestiame) fino al diciassettesimo secolo, quando il valico del Sempione fu attrezzato per il transito di grandi quantitativi di merce, mentre l’Arbola continuò ad essere utilizzato da singoli mercanti e per il commercio locale.

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Costeggiando il bel lago blu su un sentiero tranquillo e pianeggiante (con qualche tratto di rocce franate), avevamo un po’ rimuginato su queste notizie storiche che ci tenevano compagnia e ci sentivamo ora un mercante lombardo che andava in Svizzera, ora uno svizzero che tornava a casa e a volte … anche un contrabbandiere del sale delle miniere di Salisburgo.

Dopo una mezzoretta di fantasie eccoci arrivati alla fine del lago Devero. Da lì, si poteva continuare costeggiandolo sull’altra riva o proseguire dritti verso il lago di Pianboglio, dove ci siamo diretti.

Il sentiero saliva tra alberi, prati e rovine di case.

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Era un ambiente molto piacevole e abbiamo proseguito con un po’ di fatica, costeggiando un ruscello ed ammirando le belle montagne che si stagliavano sullo sfondo.

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Come sempre, gli orari della nostra gita non erano orari da esperti e siamo arrivati al lago di Pianboglio verso mezzogiorno, con un sole impietoso sulla testa.

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Saliti sulla diga rotta del lago, aiutandoci con una catena, lo abbiamo circumnavigato fino all’inizio dell’ultima parte del percorso. La più difficile. Da lì alla Bocchetta d’Arbola c’era un’altra ora e mezza, ma era la parte più ripida. Niente di eccezionale, solo un po’ come salire le scale di una casa. Molto alta. Pian pianino, abbiamo messo un passo dopo l’altro e non ci siamo fatti mancare delle belle soste per godere delle poche zone d’ombra e del bellissimo paesaggio.

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Raggiunto un pianoro, il sentiero continuava a salire ma molto meno duramente e ormai il verde cominciava a diradarsi. Appena prima di raggiungere il passo abbiamo dovuto fare attenzione a non cadere su un tratto pendente e con neve.

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Ormai era fatta. In breve siamo arrivati alla Bocchetta d’Arbola, da dove si ammira il paesaggio della sottostante valle di Binn, in Svizzera.  Qui sono stati trovati alcuni reperti che sembrano indicare che anticamente fosse abitata dai Leponti, un gruppo di celti italici settentrionali. No, basta storia, godiamoci il paesaggio.

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Sotto un bel massone abbiamo mangiato un panino (anche dei biscottini al cioccolato per far onore alla Svizzera) e schiacciato una meritata pennichella.

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Poi,  tranquillamente, abbiamo “volto i tacchi” e ci siamo goduti lo stesso paesaggio, ma nella direzione opposta. A dire la verità, noi non ci stancheremmo mai di vedere panorami di montagna come questo, quasi “da cartolina”. E questa volta pure in discesa!

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