La fine del nostro itinerario scendendo dal Moncenisio non poteva essere più spettacolare.
Abbiamo infatti deciso di lasciare per ultimo la visita alla Sacra di San Michele (l’Abbazia di San Michele della Chiusa), uno stupefacente complesso religioso arroccato sulla cima del monte Pirchiriano.
Visto dalla pianura appare come un castello incantato, o la dimora di un mago in un racconto di fiabe. Bellissimo. E sorprendente.
Man mano che ci avvicinavamo con il treno da Susa non ho resistito a fare foto su foto: in ogni momento mi sembrava che la visuale fosse più bella di quella precedente, sempre più bella. Naturalmente le foto sono riuscite tutte bruttissime e inservibili. Forse bisogna essere dei superfotografi per scattare belle foto da un treno in corsa.
Da Avigliana una navetta ci porta fino all’imbocco di un sentiero e dopo pochi minuti di salita appare la Sacra in tutta la sua imponenza. Uno spettacolo che lascia letteralmente “a bocca aperta”.
Prima di raggiungerla, un primo monito: il rudere smozzicato dell’antico sepolcro dei monaci, secondo la versione più popolare. Più probabilmente i resti di una cappella del X secolo, riproduzione del Santo Sepolcro, quasi un anticipo ai pellegrini del Sepolcro di Gerusalemme.
Non stupisce che questo antichissima abbazia, iniziata prima dell’anno 1000 e dedicata al culto di San Michele, tappa di una lunghissima via di pellegrinaggio (oltre 2000 km. dall’Irlanda a Gerusalemme, passando da Mont Saint-Michel in Normandia e Monte Sant’Angelo in Puglia) abbia ispirato con i suoi alti torrioni e le sue atmosfere a volte inquietanti Umberto Eco per il suo romanzo più famoso: Il nome della Rosa.
Lo scalone interno è impressionante, ripidissimo ed inquietante già dal nome: Scalone dei Morti. Alle sue pareti infatti venivano esposti i resti dei monaci defunti.
Lo scopo era di ricordare la caducità della vita, un monito e una lezione di saggezza. Il risultato era una situazione da film horror!
Per fortuna ai giorni nostri alla fatica della salita non si accompagna più quella macabra compagnia! Non riesco neppure a immaginarci mentre saliamo sotto gli sguardi di cadaveri incappucciati !
Nell’abside e nella navata della chiesa, un tempo dedicata alla Vergine e che conserva preziosi dipinti raffiguranti la Madonna e l’arcangelo Michele,
alcuni anonimi sarcofaghi in serpentino verde, molto massicci e tutti uguali, dei primi del ‘900 conservano i resti di principi di Casa Savoia fatti traslare alla Sacra nel 1836 da Carlo Alberto dal Duomo di Torino. Ci sembra triste questa uniformità senza grazia, senza nulla, se non il nome, che contraddistingua chi vi è sepolto.
A sottolineare la vanità terrena, su una colonna nell’affresco “La predica dei morti” due defunti reggono suppliche in latino e in francese ai viventi che sono di fronte :”… perché un giorno noi eravamo come voi e un giorno voi sarete come noi”.
Meglio uscire sul terrazzo con la sua magnifica vista sulla pianura e sui resti dell’abbazia.
Rientrando in chiesa un impertinente monello ci fa le boccacce !
Prima di uscire vediamo spuntare dal pavimento sotto la base di una colonna nientemeno che … la vetta del Monte Pirchiriano!
Sembra che la forza della montagna si stia ribellando, che voglia scrollarsi di dosso la costruzione che l’uomo le ha imposto.
Un’unione stupefacente, quella tra la roccia e l’abbazia, che si mostra in tutta la sua forza mentre scendiamo sfiorando l’interno della montagna
per poi ammirare ancora, una volta usciti, questo inestricabile abbraccio che dura da secoli.
Come arrivare alla Sacra di San Michele
Da Avigliana (vedi qui come arrivarci), parte la navetta ad orari fissi consultabili sul sito della Sacra di San Michele.
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