L’Uomo Selvatico, mitica figura pagana di tutta la cultura europea ed in particolare dell’arco alpino, è raffigurato in quella vera e propria “foresta” di statue che è il Duomo di Milano.
Santi, personaggi biblici o storici, figure allegoriche. Tremilaquattrocento statue sulle guglie, sui contrafforti, perfino sui capitelli delle colonne interne del Duomo, caso unico in una chiesa.
L’Uomo Selvatico in Lombardia
Archetipo antichissimo le cui radici affondano nella preistoria indoeuropea, l’Uomo Selvatico è la metafora della natura in contrapposizione con la vita civile, nell’eterna antitesi tra natura e cultura.
Abitante nelle grotte e nel folto dei boschi regredito a uno stato semi-selvaggio, è raffigurato con capelli e barba lunghi e incolti, coperto di lunghi peli, fronde, corteccia d’albero o pelli di animali. A volte (e può sembrare una contraddizione) è considerato un eroe civilizzatore, colui che ha insegnato agli uomini l’arte di produrre i formaggi, di allevare le api o la metallurgia oltre ai segreti medicinali delle erbe selvatiche.
Anni fa eravamo andati a Sacco, un villaggio all’imbocco della Val Gerola, appositamente per vedere dipinta sul muro di una antica casa la figura dell’Uomo Selvatico, coperto di peli e con un minaccioso randello in spalla.
La riproduzione meglio conservata in Lombardia di questo strano essere è all’interno di quella che doveva essere una casa signorile, forse l’abitazione di un notaio, a giudicare dagli eleganti affreschi alle pareti, conservatisi nonostante la stanza fosse stata adibita a fienile per molti anni.
Tra immagini, fiori e scritte, ecco il nostro Homo Selvadego che in un cartiglio ci avvisa: ““E sonto un homo salvadego per natura chi me offende ge fo pagura”.
L’Uomo Selvatico e il Duomo di Milano
Ma come è arrivato ad essere “immortalato” nel Duomo di Milano?
Chi lo sa… Evidentemente la sua leggenda era ancora molto diffusa all’epoca e non è sembrato strano raffigurarlo sia all’interno, su un rosone che decora una delle volte a crociera, che per ben tre volte all’esterno, su un doccione e in due statue sui contrafforti dell’abside.
Con la barba lunga e il corpo interamente coperto di peli, nel medaglione della volta la posizione contorta del suo corpo prende la forma di uno strano animale che si regge su grossi rami, quasi sottolineando la sua natura di uomo inselvatichito, animalesco.
In posizione sdraiata, la seconda figura si sorregge al doccione, mostrando una gamba che termina con quello che sembra uno zoccolo, come in una delle due statue.
In apparenza nella più “civilizzata”, in una statua l’Uomo Selvatico indossa un berretto ornato da una piuma e un mantello da cui però spunta una gamba che termina inequivocabilmente con una zampa.
Nella seconda statua l’Uomo Selvatico si esibisce in tutto il suo essere selvaggio. Nudo, pelosissimo, brandisce l’inseparabile randello nodoso che appoggia a una spalla mentre nell’altra mano tiene la testa di un grosso animale ucciso (forse un leone?).
Una immagine pagana di forza che mi ha sempre stupito vedere sui muri della cattedrale.
Ma il Duomo di Milano, come tante altre chiese gotiche, ha i suoi misteri e segreti…