Vi siete mai emozionati, sì proprio “emozionati”, nel visitare un museo?
Ho pubblicato da poco un articolo sull’area megalitica di Saint Martin de Corléans ad Aosta e mi sono domandata perché ho aspettato tanti mesi prima di scriverlo.
Mi è già capitato altre volte di non riuscire a raccontare subito qualcosa che mi ha molto impressionato. A volte l’emozione di una visita mi spinge a scrivere, urge, quasi mi detta le parole. Altre volte, invece, mi blocca. Se tento di scrivere, trovo solo parole banali e le emozioni restano dentro, intatte, non espresse.
Per Saint Martin de Corléans è stato così. Mi ha talmente affascinato che ho conservato per mesi la sua suggestione, l’emozione che mi ha dato. Quasi incapace di esprimerla. E nel frattempo ho continuato a scrivere di altri viaggi, di altre visite.
Spesso ripensavo a quel luogo così coinvolgente e mi dicevo che dovevo scriverne, era tempo ormai di fare un articolo. Ma temevo di non riuscire a trasmettere quello che avevo provato scendendo in quel vasto spazio semioscuro, sotterraneo, dove ci si inoltra arretrando nei millenni più che nello spazio fisico.
Incontrare chi mi ha preceduto nei secoli (nei millenni) mi provoca sempre un senso di smarrimento, come riconoscere una persona di famiglia in chi pensavo fosse un estraneo.
Vedere quello che hanno fatto quegli uomini di 7000 anni fa, come davano l’ultimo addio ai loro morti, come costruivano i loro sepolcri o ritrovare i resti dei loro sacrifici legati al culto di chissà quali forze naturali, di quali arcaiche divinità per me è veramente come incontrarli, entrare in contatto con la loro sensibilità, la loro intelligenza, il loro bisogno di un contatto con ciò che sfugge all’immanente. Con il loro più intimo bisogno di spiritualità.
Si crea così con loro una intimità che travalica lo spazio di tempi incalcolabilmente lunghi e a volte mi dà le vertigini. E non trovo parole per esprimerla.
Ci si può emozionare anche nel visitare un museo!