Si fa presto a dire ragù. C’è ragù e ragù. O meglio, c’è il ragù alla bolognese e poi c’è ‘o rraù, il ragù napoletano che con quello bolognese non ha proprio nulla a che vedere.
Intendiamoci, non si tratta di stabilire quale sia il migliore, il più buono. Entrambi magnifici. Ma diversi. Anzi, diversissimi.
A Napoli la preparazione del rraù è un rito
Il ragù napoletano è il piatto della domenica, quando tutta la famiglia si riunisce intorno alla tavola e il profumo di questo succulento sugo stuzzica l’olfatto, predisponendo al piacere di gustare i meravigliosi ziti o le candele spezzate conditi con quel sugo denso, scuro in cui si fondono, si compenetrano il sapore del pomodoro e quello delle carni (rigorosamente al plurale) fatte cuocere lentissimamente per ore.
Non meno di quattro. Fino a sei.
‘O rraù non è “solo” un piatto, è parte dei ricordi familiari, si identifica con le riunioni di famiglia.
Ogni donna, su poche ma rigorose norme, mette la sua “firma”, modifica un poco la ricetta. Lo rende più ”leggero” o più saporito. E ognuna è convinta di fare ‘o rraù migliore. E difende questa sua convinzione fino a….
Beh, fino a dove ce lo dice questa spassosa scena del film Sabato, Domenica e Lunedì (clicca sull’immagine) di Lina Wertmüller, tratto dall’omonima commedia di Eduardo De Filippo.
https://www.youtube.com/watch?v=tQMHV0rnl8o
E gli uomini cosa ne pensano del rraù? Qual è il migliore? Quello di mammà, naturalmente!
‘O rraù
di Eduardo De Filippo
‘O rraù ca me piace a me
m’ ‘o ffaceva sulo mammà.
A che m’aggio spusato a te,
ne parlammo pè ne parlà.
Io nun sogno difficultuso;
ma luvàmell”a miezo st’uso.
Sì, va buono: cumme vuò tu.
Mò ce avèssem’ appiccecà?
Tu che dice? Chest’è rraù?
E io m’a ‘o mmagno pè m’ ‘o mangià…
M’ ‘a faje dicere na parola?
Chesta è carne c’ ‘a pummarola.
Un piatto succulento, dal sapore “profondo”, che rimane in bocca e soprattutto nel ricordo.
Vi è venuta voglia di sapere come si fa ‘o rraù?
A Napoli sono stata ospite di Germana, una signora gentilissima e molto ospitale, dalla piacevolissima conversazione (da vera napoletana !).
Germana è una delle Cesarine, l’associazione di accoglienti padrone di casa che mantengono viva la tradizione culinaria italiana casalinga.
Vi spiego come ho visto preparare ‘o rraù da Germana .
Ma ricordatevi, non esiste “una” ricetta per il ragù napoletano, ma tante quante sono le padrone di casa!
‘O rraù napoletano… secondo Germana
Innanzi tutto occorre procurarsi i vari pezzi di carne, e qui cominciano le differenze.
I tipi di carne per preparare ‘o rraù sono diversi, e possono variare anche da quartiere a quartiere ma, e qui sono TUTTI d’accordo, la carne va tagliata dal macellaio e cotta a pezzi grossi, da 500 g fino a 1 kg.
Germana (fidatevi, il risultato è stato strepitoso!) ha comperato:
- Muscolo di manzo
- ’E tracchiulell, le tracchiolelle, cioè le costine o puntine di maiale
- la gallinella di maiale, il muscolo della coscia
- la corazza di maiale, parte del petto
Risolto il problema della carne da utilizzare, passiamo alla (lunga) esecuzione del fantastico rraù che ho gustato in casa di Germana.
- Tagliare a fette due cipolle.
- Metterle in un tegame con un po’ d’olio extravergine e strutto. Attenzione, la cipolla deve cuocere fino a disfarsi, non deve assolutamente diventare scura. Bisogna quindi aggiungere subito mezzo bicchiere d’acqua. Girare con un cucchiaio rigorosamente di legno, la cucchiarella
- Quando la cipolla sarà morbida, quasi sciolta, aggiungere i pezzi di carne e farli rosolare sempre a fuoco basso. Ė una fase che richiede molta pazienza e una presenza costante per impedire che la cipolla o la carne si attacchino al fondo o si secchino. Ci vorranno circa due ore.
- A questo punto si aggiunge del vino rosso, tutto in una volta, alzando un po’ il fuoco. La qualità del vino è ovviamente fondamentale per la riuscita del ‘rraù.
- Quando il vino sarà evaporato, sempre girando con cura i pezzi di carne si aggiunge il condensato di pomodoro (circa 320 gr. di condensato per 1 kg di carne).
- La salsa si deve assorbire e scurire. A quel punto si aggiunge la passata di pomodoro, si copre il tegame senza chiuderlo del tutto e inizia il pippiamento, quel sobbollire sbuffando della salsa che si raggiunge solo dopo ore di cottura a fuoco lento, chian chian.
- Il sugo finale dovrà risultare scuro, lucido, denso. Dopo quanto tempo? Altre due o tre ore….
E mentre cuoce, preparatevi a gustarlo, magari il giorno dopo, perché l’addore e chistu rau’ è na cosa ca fa acquolina!
Dopo il magnifico piatto di pasta, come da tradizione Germana ha servito la carne del rraù come secondo piatto, accompagnata dai friarielli e da ottimi carciofi in padella.
E dopo aver mangiato ‘o rraù?
Volete fare come i napoletani? A fine pasto non dimenticate di fare la “scarpetta” con il pane, un rito obbligatorio quando si mangia ‘o rraù.
Uno degli ospiti della mia gentile padrona di casa ha seguito la tradizione e ha fatto la “scarpetta”.
Io, che non ero di casa, ho avuto un po’ di soggezione e non l’ho seguito. E me ne pento! Ma la prossima volta….
Dopo questa esperienza culinaria da Germana…, ha proprio ragione Giuseppe Marotta!
A me dateme ‘o rraù:
ca fa sempre dummeneca.
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