Le mele, si sa, hanno proprietà eccezionali. Riescono perfino a trasformarsi in pelle e in carta dando vita a prodotti innovativi come pellemela e cartamela!
Se non ci credi, leggi cosa è riuscito a fare l’ing. Alberto Volcan, di Bolzano. Molto di più di carta e pelle… come ci ha confermato durante una lunga chiacchierata.
In Trentino e Alto Adige si coltivano le mele migliori d’ Europa (vedi il post su Bermé, il succo di mela e bergamotto prodotto in Trentino). Si coltivano e si trasformano, quindi si producono tonnellate di scarti, specialmente bucce e torsoli, che le idee geniali dell’ing. Volcan trasfoma in nuovi materiali utili, resistenti, ecocompatibili e perfino belli.
Mele contro petrolio?
Addirittura un toccasana per ridurre o addirittura azzerare l’inquinamento da perdite di petrolio, una delle peggiori catastrofi del nostro tempo.
Una scoperta a dir poco sensazionale quella di utilizzare gli scarti delle mele essiccati e sbriciolati fino a ridurli in polvere per riempire delle barriere di contenimento intorno alle chiazze del petrolio versato in mare dalle navi cisterna in seguito a incidenti.
Sembra, da esperimenti effettuati, che questi residui secchi provenienti dalle mele, opportunamente trattati secondo una tecnica brevettata, siano in grado di filtrare e assorbire il petrolio lasciando l’acqua perfettamente pulita.
Come sia possibile non lo sa neppure Volcan, che però precisa che “1 chilo di mele essiccate assorbe 5 litri di petrolio. Luis Durnwalder, all’epoca presidente della Provincia autonoma di Bolzano, mi ha messo a disposizione Protezione civile e vigili del fuoco per sei mesi di test. Tutti coronati da successo”.
E, visto che funziona, il brevetto è già stato acquistato da una grande compagnia petrolifera con capitale italiano.
Dalle mele… la cartamela
La sperimentazione continua è l’unico vero strumento di lavoro di questo “inventore” instancabile che è riuscito a pensare e a produrre una serie di invenzioni a dir poco strabilianti quali il bruciatore volumetrico, che ricava energia dagli scarti degli olii combusti, utilizzato negli Stati Uniti sugli aerei pensati per abbattere la barriera del suono e per spegnere le fiamme sui pozzi di petrolio; la lavatrice che funziona senza acqua e senza detersivo, brevettata nel 1999; la Cartamela, ricavata dalla cellulosa contenuta nella polvere di mela e già adottata dalla Provincia Autonoma di Bolzano per le lettere ufficiali dei propri uffici, ma utilizzabile anche per fabbricare carte asciuganti per uso domestico.
e poi… la pellemela
Di tutte queste invenzioni è stata presentata a Expo 2015 la Pellemela, una “pelle vegetale” ricvata dai residui di lavorazione delle mele che presto molti di noi avranno tra le mani. L’ing.Volcan, infatti, ha stilato un accordo con Apple per la produzione in Pellemela di custodie per cellulari e tablet.
Visto che si può sfruttare ciò che resta della mela, perché non provare anche con altri vegetali?
E così l’instancabile ingegnere sta già pensando all’utilizzo di carciofi e pompelmi, riscuotendo l’interesse di grandi imprese straniere. Ma anche i torsoli del mais daranno un tipo di Pellemela bianchissima.
Io ho potuto vedere una borsa realizzata in Pellemela dall’azienda March di Bolzano e toccarla per provarne la consistenza e verificarne la resistenza e la straordinaria somiglianza con il cuoio.
Il prototipo presentato è decorato con un’opera d’arte digitale dell’ing. Carlo Busetti, trentino, nella foto qui sotto insieme all’ing. Alberto Volcan.
Ma come si arriva dalle mele alla Pellemela? Miscelando acqua, farina di mela e uno speciale collante espressamente messo a punto da una industria piemontese. Dall’impianto esce una “sfoglia” di circa 6 mm. di spessore che può avere 3 metri di larghezza per una lunghezza “infinita”.
Se paragonata a una pelle di bovino, che misura circa 70×80 cm., si coglie la praticità e la flessibilità di utilizzo di questo “pelle”, non a caso già “prenotata” da industrie cinesi per rivestimenti di arredamento.
E in Italia? Per ora con la Pellemela sono stati realizzati solo alcuni prototipi, ma si sta già pensando a non limitarne l’uso e ad utilizzarla nel campo della moda (scarpe, accessori e quanto è finora realizzato solo in pelle animale) e dei rivestimenti d’arredo.
Per ultimo, ma non meno importante, c’è da tenere presente che gli scarti delle mele (ad esempio nella lavorazione dei succhi di frutta e degli omogeneizzati per l’infanzia) vengono considerati rifiuti “speciali”, quindi costosi da smaltire, per cui ecco confermato che: “riciclare conviene!”
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